Comune Sostenibile: Beppe Grillo ipotizza il suo Comune a Cinque Stelle

Ti piacerebbe vivere in un comune a cinque stelle? Ecco un travolgente video dello spettacolo RESET di Beppe Grillo che traccia le linee per un Comune che dia veramente importanza a questi cinque punti:

  • Rifiuti
  • Energia
  • Acqua
  • Trasporti
  • Connettività
E tu cosa ne pensi? Lascia una traccia nei commenti.



Video credit: Massimobasket

Energia Alternativa: Tabacco per produrre Energia Pulita

Energia rinnovabile con la colza, con la soia e perfino con il mais. Una via nuova rispetto al petrolio, ma con due grandi limiti: sfruttare queste piante per produrre energia ne fa aumentare incredibilmente il prezzo e crea uno scompenso alimentare. Perché se il mais diventa energia e non farina, il prezzo del pane vola alle stelle e soprattutto la quantità diminuisce.

Invece al tabacco energetico non aveva mai pensato nessuno. Così, mentre a Pavia si pensa di convertire a scopi energetici tutti i campi attualmente dedicati alla barbabietola da zucchero, Corrado Fogher, direttore della «Plantechno» di Vicomoscano, azienda leader nel campo delle ricerche sui vegetali, ha avuto l' intuizione e l' ha immediatamente brevettata.


Perché non provare a produrre calore ed elettricità utilizzando il tabacco? In fondo «non è una pianta alimentare, cresce anche in terre marginali e soprattutto produce molto».

Ogni ettaro di girasole produce 10 quintali di olio, pronti per essere bruciati. Con un ettaro di tabacco se ne fanno 20 quintali, il doppio. Ma incrociando le varie tipologie di tabacco, si ottiene una pianta in grado di produrne una quarantina di quintali. E il miglioramento genetico avviene in maniera del tutto naturale, senza l' utilizzo di Ogm.

Ma 40 quintali d' olio di tabacco a cosa corrispondono? Il calcolo è semplice: un litro d' olio produce qualcosa meno di diecimila kilocalorie, quaranta quintali significa circa quaranta milioni di kilocalorie. In termini pratici dal punto di vista energetico, cioè per avere acqua calda, riscaldamento ed elettricità, un' azienda può essere autosufficiente con soli cinque ettari di tabacco. Molto meno che per avere energia dal mais, e senza l' inconveniente che il mais è una pianta alimentare.
«A quel punto, dopo le prove in laboratorio - spiega Fogher - abbiamo contattato la ditta "Bracco" di Brescia, che realizza presse, e la "Elcos" di Cremona, che produce generatori.

Insomma, abbiamo già dato vita a una filiera energetica. Il tabacco viene coltivato, il seme viene pressato e trasformato in olio, quindi l' olio viene bruciato e convertito, grazie al generatore, in energia».

Sembra tutto così semplice, eppure quello del tabacco energetico è solo il primo di tre traguardi da raggiungere. «L' olio di tabacco può diventare biodiesel, quindi carburante per auto - spiega il direttore della "Plantechno" - miscelandolo con il 25% di olio di palma, per cambiare il rapporto acidi-grassi, si ottiene un biodiesel».

Manca solo che l' olio di tabacco finisca sulla tavola degli italiani. «In effetti, quello è il terzo obiettivo - sorride Fogher - l' olio di tabacco è ricco di Omega 6. Manca qualche verifica, ma dopo le prime prove credo che il tabacco abbia tutte le caratteristiche per diventare un olio dietetico».

L' obiettivo primario rimane però quello dell' energia. In provincia di Cremona ci sono già 4 ettari coltivati a tabacco. «Fino al 2013, l' Ue erogherà finanziamenti per produrre tabacco energetico. E, per il 2008, la tecnologia sarà già pronta».

Tabacco per riscaldare le case: la Lombardia è in prima fila. Per condire un' insalata, invece, occorrerà aspettare ancora qualche anno.

Il protagonista, Corrado Fogher, è il direttore scientifico e proprietario della «Plantechno» l' azienda di Vicomoscano, in provincia di Cremona, leader nel campo delle ricerche sui vegetali. Presso l' università Cattolica del Sacro Cuore, è professore associato di genetica agraria.

Con la sua «Plantechno» ha raggiunto risultati importanti nella ricerca sul riso e su altre piante, ma è sul tabacco che ha ottenuto risultati importanti. In particolare, nella ricerca sul «tabacco terapeutico» si è occupato di curare malattie come l' Alfaglucosidasi, la malattia di Fabry e la malattia di Gaucher, utilizzando proprio la pianta di tabacco per produrre farmaci

Questo articolo è stato pubblicato originariamente da Andrea Silla su http://www.laleva.org, il 6 giugno 2007, con il titolo "Energia dal tabacco, brevetto a Cremona", sotto licenza Creative Commons 1.0.

Licenze Creative Commons: questo video ti spiega a cosa servono e come funzionano

Cosa sono le licenze Creative Commons? Rispondere a questa domanda ti interessa se sei una persona che vuole condividere le proprie idee con altre persone per contribuire alla loro diffusione e alla nascita delle idee di domani.


Questo video, realizzato dai ragazzi di Creative Commons, ti spiega a cosa servono le loro licenze e come funzionano.



Le licenze Creative Commons hanno ripensato il ruolo del copyright. Secondo quelli di Creative Commons il copyright è uno strumento utilissimo per regolare la diffusione di un'opera in linea con i desideri di chi l'ha creata.

Questo vuol dire "ripensare": il copyright non è una campana di vetro che protegge l'opera al fine di strizzarne fuori più soldi possibile, ma una "patente" grazie alla quale il creatore di un'opera può concedere alcuni diritti (rights) sulla propria opera.

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Centrale Elettrica Archimede: come produrre energia elettrica con un trucco vecchio 2000 anni

Enel ed Enea realizzeranno il primo impianto al mondo che integra un ciclo combinato a gas con un impianto solare termodinamico, progettato dall'ex-presidente dell'Enea e Nobel per la fisica Carlo Rubbia.


L'impianto, che si chiama “Archimede” e nascerà presso la centrale di Priolo Gargallo (provincia di Siracusa), funziona in modo simile agli specchi ustori di Archimede, celebre filosofo e matematico di Siracusa: 72 specchi parabolici (per un totale di 40 mila m2 di superficie) concentrano la luce solare su tubazioni percorse da un fluido a base di sali che accumula il calore.

In questo modo si risolve il problema della necessità di continua irradiazione solare: il calore ad alta temperatura (fino a 550°) sarà disponibile anche di notte o quando il cielo è coperto. I sali poi, a differenza dell'olio minerale finora utilizzato dagli impianti solari in esercizio, sono totalmente innocui per l'ambiente e non infiammabili in caso di fuoriuscita accidentale.

Dal 2009, anno previsto per l'entrata in esercizio della centrale, “Archimede” produrrà tanta energia elettrica da soddisfare il fabbisogno annuale di 4.500 famiglie, con un risparmio di circa 2.400 tonnellate equivalenti di petrolio all'anno e un taglio delle emissioni di anidride carbonica di circa 7.300 tonnellate all'anno.


In molti, tuttavia, invitano alla prudenza nel considerare questa tecnologia la soluzione ottimale al problema energetico e ricordano che esistono alternative, più economiche, alla produzione industriale di energia.

È stato calcolato che con i costi previsti per l’impianto (40 milioni di euro), considerando gli attuali costi dei pannelli solari (circa 5.000 euro per 1 Kw di potenza), si potrebbero produrre 8 MW di potenza, rispetto ai 5 MW previsti da “Archimede”.

Rubbia ha attribuito i costi di “Archimede” alla sua natura sperimentale e ha spiegato i suoi obbiettivi: ridurre del 20% entro il 2020 le emissioni di gas Co2 (rispetto ai livelli del 1999), come deciso dal Consiglio Europeo, e portare avanti una sperimentazione italiana per creare un'industria di export.

Due obbiettivi ambiziosi, ma in molti credono nel Nobel Rubbia: a marzo il Presidente della Commissione Europea Barroso lo ha scelto come esponente scientifico in un panel internazionale di consulenti per l'energia e i mutamenti climatici.


Approfondimenti

Automobile ad Aria Compressa: Citycat è la macchina ecologica che usa aria compressa al posto della benzina

Non inquina, è economica e fare un pieno costa meno di due euro. Entro un anno la Tata produrrà le prime seimila vetture ad aria compressa al posto della benzina. Dall'India arriva Citycat, l'auto del futuro.

Credit: iDnes.cz

Arrivate al distributore con la macchina in riserva, ma mentre tutti gli altri fanno la coda alla pompa di benzina, voi andate direttamente alla colonnina d'aria per controllare la pressione delle ruote. Infilate il tubo nel serbatoio e... pfft! in 3-4 minuti avete fatto il pieno.

Passate alla cassa, versate un euro e mezzo (contro i 60-70 degli altri) e ripartite sereni. La vostra macchina ad aria vi porterà per altri 200 chilometri fino al prossimo pieno. Non è un cartone animato e neanche uno spot visionario di qualche gruppo estremista dell'ecologia.

Dietro il progetto c'è la Tata, il più grande gruppo automobilistico indiano, appena reduce da un ambizioso accordo strategico con la Fiat. E, se tutto andrà come previsto, con qualche piccolo aggiustamento (ci vorrà un compressore ben più potente di quello delle ruote per sparare 340 litri di aria nel serbatoio), quella scena comincerà a svolgersi in India fra poco più di un anno, nell'agosto 2008, quando la Tata metterà in commercio le prime seimila Citycat, macchine ad aria compressa capaci di andare a 100 km l'ora e a emissioni zero, neanche una molecola di anidride carbonica e di effetto serra.

E l'India sarà solo il primo passo: ci sono già accordi per portare la Citycat in 12 altri paesi, fra cui Germania, Francia, Usa, Spagna, Brasile, Israele e Sud Africa.

Ai profani, il motore ad aria compressa appare un incrocio fra la locomotiva a vapore e il vecchio, caro fucile Flobert dei giochi di antichi bambini. L'idea non è nuova. Guy Nègre, la cui Mdi è il partner della Tata nel progetto, ci lavora, con alterna fortuna e parecchie false partenze (compresa una italiana, con la Eolo) dal 1991.

Sostanzialmente, si tratta di un motore a due cilindri, dentro cui si muove un pistone. Grazie ad un particolare design, il pistone non si muove in sincronia con l'albero motore. Per il 70% del tempo di rotazione dell'albero motore, il pistone resta fermo in cima al cilindro, consentendo alla pressione interna di crescere. Questo ritardo aumenta l'efficienza complessiva del motore, che si mette in azione quando l'aria compressa, sparata nel cilindro, fa muovere il pistone, esattamente come succede con il motore a scoppio.

Quando l'auto si ferma, si ferma anche il motore, che riprende a funzionare quando si pigia l'acceleratore. Non ci sono marce, sostituite da un computer. Semplice com'è, richiede manutenzione praticamente zero e un cambio d'olio ogni 50 mila chilometri. Anche le emissioni di anidride carbonica sono zero, salvo quelle legate all'elettricità per far funzionare il compressore al momento del pieno.


Ad aria, però, non si va più veloce di 50 chilometri l'ora, cioè in città. Su strada - come accade anche con le ibride benzina-elettricità - entra in funzione un normale motore a scoppio. In compenso, non c'è bisogno di andare dal distributore, per l'aria. A casa, si attacca la spina della corrente e un compressore interno, in 4 ore, ricarica il serbatoio. Un po' come accade per le più avveniristiche macchine elettriche.

Il costo di esercizio della Citycat è più o meno lo stesso di una macchina elettrica. Senza le batterie, però. Infatti, costa molto meno: la Tata dovrebbe commercializzarla ad un prezzo di 12.700 dollari, un decimo di una macchina elettrica. Per non parlare della macchina ad idrogeno, rispetto alla quale la Citycat ha anche il vantaggio di non richiedere la creazione di una costosa rete alternativa di distribuzione del combustibile.

Per come funziona, è gratis anche l'aria condizionata: quella che esce dal tubo di scappamento è, infatti, a meno 15 gradi. Il rovescio della medaglia è la difficoltà di riscaldare l'abitacolo e, forse anche per questo, Guy Nègre sembra guardare soprattutto a paesi caldi.

La temperatura dell'aria è anche all'origine del più consistente dubbio che i tecnici avanzano verso il motore ad aria compressa. L'aria così fredda, infatti, gela la condensa nei condotti di aspirazione, bloccandone il funzionamento.

Non è ancora chiaro come Nègre abbia risolto questo problema. Anche una Citycat perfettamente funzionante, peraltro, incontrerà seri ostacoli sui mercati occidentali. Per arrivare alle prestazioni dichiarate, infatti, l'auto deve essere straordinariamente leggera, e la Citycat è quasi tutta in fibra di vetro, molto fragile per reggere i normali test di sicurezza.

La Citycat, infine, potrebbe arenarsi in tribunale. Se Nègre è stato il profeta dell'auto ad aria compressa, altri ci hanno lavorato, come l'uruguayano Armando Regusci. Secondo alcuni, l'ultimo progetto di Nègre assomiglierebbe un po' troppo a quello brevettato da Regusci.

Se la Citycat arriverà su strada, aspettatevi una battaglia di brevetti.

Questo articolo è stato pubblicato originariamente da Maurizio Ricci su http://www.laleva.org, il 6 giugno 2007, con il titolo "Arriva la Citycat la macchina ad aria compressa al posto della benzina", sotto licenza Creative Commons 1.0.